La Discobola — Franco Farina — Immagine del giorno by Maria Marchese
Per l'immagine del giorno di oggi, ho scelto La Discobola di Franco Farina. L'opera nasce con un'identità propria, rispetto alla famosa scultura di Mirone, per celebrare la personalità femminile, nell'ottica di una resurrezione, sotto molteplici aspetti. Com'è tipico della personalità di Farina nasce anche da un pensiero dissidente...
A sx l'opera "La Discobola" di Franco Farina; a dx l'artista ostunese Franco Farina |
a cura di Maria Marchese
Ohibò – pensa Franco Farina ,
mentre si vede seduto al banco del ginnasio ed il professore spiega il Discobolo — non è un dj che scratcha un vinile! bensì un
uomo erculeo, un atleta, colto “in flagrante” nell’atto di scagliare il disco —
fiuuu! molte hit di oggi meriterebbero la stessa fine ahahah —.
L’originale, in bronzo, databile V secolo a.C, oggi è
nota unicamente da copie marmoree, in diverse versioni; la migliore è
probabilmente quella di Lancellotti e, tra le più importanti, oltre a quella,
abbiamo la Townley, conservata al British Museum ed una versione frammentaria
detta di Castelporziano, nel Museo Romano — Townley non si può sentire ahahaha
—. Il “buon” Adolf Hitler lo volle perché incarnava l’ideale di bellezza ariana
— nel docufilm Olympia di Leni Rifensthal , nato per documentare le Olimpiadi di
Berlino del ’63, il Discobolo si scioglie trasformandosi nello scultoreo corpo
dell’atleta tedesco Erwin Huber — e, infatti, riuscì ad acquistarlo grazie alla
mediazione di Mussolini per la allora “modica” cifra di 16 milioni di lire (15
milioni e mezzo di euro); nonostante le opposizioni di Giuseppe Bottai, quindi,
regolarmente comprato, l’opera prese posto nella Glyptothek di Monaco di
Baviera. Fortunatamente, alla fine della guerra, confluì in uno dei colletting points,
nati per organizzare le restituzioni delle migliaia di capolavori sequestrati
dai nazisti, e fu un abile Rodolfo Siviero a farcelo recuperare, nonostante la
compravendita.
Ma torniamo al Farina seduto al banco del ginnasio…
— Tutto sto can can per un uomo? — questo si chiede l’artista della polis, allora “giovinotto”… ossia, si domanda il motivo per cui un’opera che incarna un’ideale di bellezza fisica, ma anche doti come forza, resistenza ed orgoglio, i requisiti del vincente, insomma, debbano essere legati esclusivamente ad un individuo di sesso maschile.La Discobola nasce allora, come pensiero, finché Farina non la realizza; ben lontana dal bello classico, dai marmi e dalla loro preziosità alabastrina — Marcheseeee…?! ‘ste parolone ahahah —, da materiali vergini e nobili, la donna col disco dell’artista ostunese non è una sportiva ne tanto meno ambisce ad esserlo.
Farina ritaglia i suoi lineamenti nella lamiera consumata, un metallo che conserva, tra le pieghe e i dismorfismi, le stesse ferite di una vita sofferta, spesa tra guai da risolvere e sgambetti esistenziali. E se a lettera S fa da spartiacque tra paradiso ed inferno, il corpo della Discobola dell’artista ostunese — esseggiante (nuovo conio by Marchese) — sta esattamente lì, ad indicarci quell’equilibrio quotidiano, come i materiali utilizzati dal Farina. Anzi, fa di più. Nascendo da un concetto legato al recupero, ci mostra la speranza concreta della rinascita.
L’opera è intensa e plastica: dal piano di legno blu, spicca vivida la venere ferrosa, scarna, lunga, ma flessuosa, di una flessuosità turgida e resistente, dalle labbra rosso fuoco, all’occhio importante e dalla chioma fulgida e bionda…
A discapito del corpo “martoriato”, il volto è deciso e curato.
Non è un caso che in una mano regga il disco solare — anticamente stava a significare “Colui ( colei! direbbe Farina — e non facciamolo arrabbiare era favore!—) che si solleva“, simbolo anche di vita e del valori di cui ho parlato.
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