“IL PICCOLO HANDY” GIANNA AMENDOLA— by Maria Marchese
L'eclettico Andy Wharol visto con l’occhio e la mano di Gianna Amendola: dove il pragmatismo lascia il posto al sogno adolescenziale.
A sx "Il piccolo Handy" A dx l'artista campana Gianna Amendola |
a cura di Maria Marchese
Nelle opere di Gianna Amendola si compie inevitabilmente un viaggio a ritroso — è una mano gentile quella dell’artista campana, che scompiglia, però, l'inesorabilità dello scorrere del tempo —; i suoi manufatti sono, appunto, un vero e proprio viaggio verso una realtà fanciullina, per alcuni aspetti uterina, materna — al senso di protezione, nutrimento, cura, crescita legate ad essa … in parte, anche alla rinuncia a diventare adulti perché può far male! —, nonché alla dimensione della favola — correlate, quindi, all'idea di un’incessante bonheur, del sogno e dell’ovattato, tipo quel “buttati che è morbidooo ahahah! di una nota pubblicità —.
Se l’acquerello è una tecnica caratterizzata da estrema
leggerezza e immediatezza, che proietta l’osservatore dentro una sensazione di surreale,
il pennello della Amendola sembra imbevuto nel liquido amniotico di quel
nicchio natale, tanto che quei lineamenti sfumati risultano raddolciti al punto
tale da edulcorare qualsivoglia plausibile asprezza, come se ci si trovasse
in un mondo acerbo, ossia ignaro ancora delle brutture esistenziali. I suoi
personaggi sono volutamente caratterizzati da lieve e naturale dismorfismo, da
tratti incerti, e da una stesura del colore acrilico stemperato imprecisa, che
ricorda la mano spontanea di un bambino.
Peraltro, i protagonisti delle sue opere, hanno
caratteristiche proprie di una fanciullezza sempiterna — come moderni Peter Pan…
—.
Nel caso di personaggi noti, la Amendola ha una spiccata
capacità di catturare i loro tratti più peculiari, rendendoli riconoscibili a
colpo d’occhio…
Handy Warhol e il Piccolo Handy di Gianna Amendola
Il “Piccolo Handy” ne è un esempio lampante: chi
guarda identifica immediatamente Handy Warhol (nato Andrew Warhola, Pittsburgh, 6 agosto
1928 – New York, 22 febbraio 1987), pittore, grafico, illustratore, scultore,
sceneggiatore, produttore cinematografico, produttore televisivo, regista,
direttore della fotografia e attore statunitense, figura predominante del
movimento della Pop art e uno dei più influenti artisti del XX secolo, la cui
personalità complessa e genialoide — la ricca personalità di un uomo fatta di
intuizioni geniali, ma anche di fobie, angosce, manie —, raziocinante, sottile,
provocatoria, a tratti tagliente e meccanica, è riuscita a spersonalizzare e
moltiplicare migliaia di immagini e prodotti, ha indagato l’individuo
attraverso la fisiognomica, ha deriso e cavalcato una società affetta da
“greggismo”— mio conio per indicare un atteggiamento gregario e privo di
qualsivoglia forma di ragionamento autonomo —…
— Spendere
è molto più americano di pensare — questo affermava, tra le altre cose il genio
statunitense.
La sintesi estetica di Amendola è opposta rispetto al
pragmatismo tipico dello stesso: è personale, identitaria, psicologica;
Amendola coglie le sue fragilità — la chiusura, un mutismo che nasconde quelle
paure e manie, il lato oscuro e solitario… — traducendole in atmosfera
notturna, fatta di penombra, in un piglio di chiusura verso l’esterno, nella
caratterizzazione adolescenziale.
L’eclettismo, la fama, il potere, il cinismo… tutto
svanisce ne “Il piccolo Handy” della Amendola, in favore di uno sguardo intimo
e indulgente.
Se pensiamo al fatto che, se avesse potuto, avrebbe concretizzato
e venduto anche la propria aurea….
Alla prossima by Maria Marchese
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