Shiiink!... esplode la lama della Cristino ed è Casta diva - di Maria Marchese
Da tempo ho personificato lo strumento di Anna Cristino … lo Shiiink altro non è che quel suono, tanto destabilizzante quanto profondo, che indica la nascita di un'ennesima opera dell’artista. Oggi, quella spatola è, per me, Casta Diva: 6 tele della Cristino giocano con la Luna e i suoi umori.
Shiiink! … esplode la lama della Cristino ed
è
Casta diva
a cura di Maria
Marchese
Il compositore francese Fromental
Halévy dichiarò che
avrebbe barattato tutta la sua musica per quest’aria di Bellini .
Quando Norma elogia la luna — la Casta Diva — tutti si prostrano: è lei — Lei è.
— l'astro tanto lontano quanto presente nella cultura e nella
quotidianità, così potente, così…
Casta Diva della Cristino rappresenta la donna che stabilisce
un confine, oltre il quale difficilmente si oltrepassa, un sottile e setoso
filo che determina uno spazio; in esso, lei esiste, appunto, casta in ogni sua
manifestazione, intoccabile, virginale, quotidiana, pura, ma anche diva,
superna, uranica, sfacciata e inviolabile. Ho scelto alcune opere dell’artista
barese, la cui spatola ho personificato, personificandola — scusate il gioco di parole —, a sua volta, in
questa figura, i cui assoli hanno carattere sia lirico che impattante.
Ma facciamo un passo indietro:
Dicevo… ho attribuito carattere umano allo strumento
prediletto della Cristino; in tal senso, la spatola diventa un prolungamento,
il continuum della sua personalità.
Quel SHIIIINK è allora il rumore di un bisturi — e del
chirurgo che lo impugna — che fende, ogni volta, un ventre teso, per liberare
una creatura.
L’ho definita una spatola resiliente, che salta, zampilla, si
contrae e, di colpo, si espande, ma anche vorace, poiché ruba il colore
acrilico — lo divora — e lo “vomita”, immediatamente, sulle tele, con periziosa
mano; la ritengo una spatola multiforme e versatile perché realizza
composizioni sempre diverse preservando una propria cifra esecutoria matura.
Una lama vulnerabile concepisce l’opera “Maternità” — in
essa,
la Cristino vulnera una parte della testa, significando non tanto una debolezza
(ricordiamo il tallone di Achille o la foglia di tiglio di Sigfrido), quanto
una certa qual forma di sensibilità, che procrea e tutela —, e è resultiva in “Levante”,
dove raddolcisce i rigori di un Torii giapponese — Levante nasce lì, in mezzo
alle acque, sacra e viva – per darle forme femminine.
Oggi, la spatola di Anna Cristino è Casta Diva
— la luna e le sue molteplici sfaccettature —, con le opere Valentine, Erotique,
Furore estatico, Folie, La Lettrice , La Rinascita.
Valentine
— Perché
Valentine? Vi chiederete…? —.
Valentine nasce ispirata
al brano My Funny Valentine e la fatidica protagonista —
Valentine (il francese rende tutto charmant — oui oui, le cadeau accepté, le
jeuxs sont faits, ma anche il formaggio è fascinoso in francese — fromaggggge
ah! Ah! Ah!) — viene caratterizzata da “The Voice” in maniera intimista; tra le
righe, però, lui la racconta sì come spiritosa, ma quella leggerezza ha altresì
profili grechi — divini, aggiungo io —, indicandola come la sua opera d’arte
preferita.
Le tue espressioni sono divertenti
Impossibili da immortalare in fotografia
Sei ancora la mia opera d’arte preferita
La tua figura è da meno di quelle greche?
(da My Funny Valentine)
Valentine possiede quindi un divismo innato che la
rende anche volitiva, lunatica — qui e là, luce e ombra, guardare e non
toccare, partenza e… tornanza?. —
Lunatique je t’appelle,
mentre t'inginocchi ai miei piedi, sfiori
il mio ego con la lingua, lo ubriachi con setosi fiati, redami l’inferno, poi
fuggi felina, carponi.
Lunatique je t’appelle,
quando ti assolvi liquida dalla mia mano e
torni sale, poco dopo, incendiando i miei sensi.
(Da Lunatique - inedita —di
Maria Marchese)
Insomma, questa Valentine va, viene, incendia — butta
benzina e non acqua sul fuoco ahahah! — ma non cade mai nel dimenticatoio.
—È la mia dolce e
impenitente espiazione Lunatique — conclude la
controparte, nella poesia.
La spatola della Cristino — spatola lunare, lunatica…
— qui è rugiadosa — rugiadosa dico… chiamiamo in causa Carducci, Pavese, tanta
roba — ossia florida e luminosa, rimpolpando strati di bianco, che diventa
carnoso, e mostra un decoltè marmoreo, eppure…
La stessa spatola sembra intimidirsi — fugge felina,
ma carponi, seduttiva e lenta, giammai scompare — mentre profila il volto e
medesimamente un atteggiamento.
La Cristino vuole quindi Valentine generosa ma
sfuggente e lo afferma con questa laiason materia/colore/segno/dinamismo che serba
un aspetto sedimentario, a tratti dolcemente pastoso, all’opposto ombroso e
riservato.
Erotique
Che dire di Erotique e della spatola da cui è nata?
— Sfacciata!
— affermo — consapevole, estrema, piena, imperiale, sensuale,
incurante… —.
Erotique possiede la stessa carica erotica che
troviamo in alcune opere di Klimt e del suo pupillo Schiele —
come ad esempio “Mastrurbazione”, del 1913, del primo autore, o “Donna nuda
seduta” o “ Donna inginocchiata” del figlioccio —.
Rispetto al primo, la Cristino la sgrava della
benignità così come della disponibilità — giù le mani! — e rispetto a Schiele la
depaupera della vicinanza — da notare i termini sgravare e depauperare, che
utilizzo in maniera seriosamente ironica —.
Insomma, la pratica autoerotica suscita emozioni telluriche
— hihihi! — e la donna — inginocchiata, sdraiata, in piedi… — che si soddisfa
autonomamente è oggetto di attenzione da sempre e soggetto scatenante di
innumerevoli fantasie —? —.
La sfacciataggine della spatola della Cristino, però, ritaglia
un’esperienza a sé, dove il tratto si espande come i muscoli, si distende,
allungandosi fino ad un punto di tensione che corrisponde a quel piacere impareggiabile;
la Cristino riesce a creare una sorta di voyerismo, nel quale il voyeur si
compiace, ma la sua Erotique rimane intonsa — quella tensione è come un filo
teso che taglia e stabilisce una distanza selenitica —.
"Furore estatico" di Anna Cristino
Furore estatico
La spatola della Cristino è tranchant, invece, nel
trittico Furore estatico…
È tranchant — tagliente in francese —, ma anche decisa —: ecco, la Cristino qui
accantona l’aplomb e defalca, con la sua lama, ogni fissità, la gravità,
sradica, sommuove zolle dormienti con veemenza, disequilibra anche, perché la
mezza misura non esiste — è furore, brama —.
Furore estatico esprime
quello stato rapinoso — l’estasi appunto — interpretato da molti artisti, nei
più disparati modi e contesti.
Come nella performance Estasi, della Abramovic ,
l’artista opta per una trinità, ma pittorica: il trittico è un sintagma coeso
in cui Anna distrugge il metro quadro umano — krash! —.
Questa immaginaria frantumazione sembra contaminare la
campitura che diventa polverosa — ben lontana dalla politezza dei marmi e dei
bronzi della Trasveberazione di Gian
Lorenzo Bernini —
e quella polvere, così umorale, materica, confusa, mette in risalto una Teresa
agnostica — o forse no — che non levita (in Levitation, uno dei 3 step di
Estasi, l’artista serba fluttua in mezzo ad una cucina), ma sembra più in preda
ad una possessione.
Persisi, dilaniati dalla lama, tempo e spazio lasciano
il posto ad una realtà apolide, laddove l’estasi si consuma in un istante,
breve quanto la pronuncia delle parole ovunque e eternità, immediata quanto il
tempo di asciugatura del colore acrilico, reale quanto l’imperfezione.
Tra luce e buio, bianco e nero, una donna — Teresa,
Minerva, Afrodite o la lattaia — perde ogni controllo umano, vivendo
un’ascensione repentina.
L’anatomia quasi cruda che contraddistingue la Donna
Cristino, dalle polpe turgide e fiere, sulla cui pelle la spatola ha inferto
ferite e virtù, nelle 3 tele si flette sino allo stremo, danza con Dio — o con
lo spirito santo, un angelo oppure un uomo — per godere della trafittura in
prima persona. La Cristino, con una gestualità decisa, riesce a conferire alle
composizioni un crescendo e decrescendo di tensioni in grado di essere colte
appieno dall’osservatore, che si ubriaca della joie de vivre, così elettrica.
Folie
È invece en changeant, capricieux e uranica la spatola
della Cristino, in Folie!
Folie è una rivisitazione felice di Medusa e le sorelle — quelle di Cenerentola facevano
loro un baffo —, ritratte da pittori del calibro di Rubens e Caravaggio.
Ma, come una moderna barbiera di Bari — non di
Siviglia, anche se per la classe che la contraddistingue infilo francesismi —
la mia passione — ovunque —, la Cristino trasforma la chioma anguicrinita
— in parole semplici fatta di scivolosi e incavolati serpenti, che
plausibilmente, al mattino, specchiandoci, molte di noi vedranno, prima della
remise en forme (qui scatterà di sicuro una sonora rista —mica tanto —) in indomi
e colorati ricci.
E se per ognuno corrisponde un capriccio…
Scherzi a parte, come la scrittrice Hélène
Cixous (Il riso della Medusa, 1975), Anna Cristino assolve le Gorgoni dal peso mitologico e questa sua Folie non è
altro che una sarabanda emotiva che dissolve la staticità marmorea —
perversione intellettuale, sessuale e morale — che rappresentano.
Così la spatola della Cristino opera la remise en
forme e Folie è inebriante e inebriata da una querelle di segni cromatici
incoerenti, vivaci e liberatori.
"La Lettrice" di Anna Cristino
La lettrice
La spatola della Cristino alluna “La lettrice”,
distraendo la donna dai Tik Tok, dal mondo dei like, degli e book…
Anna Cristino, come Vladimir Volegov, Jean-Honoré
Fragonard, Hopper e molti altri, nel passato, mette tra le mani della protagonista
un libro — cosa sempre più rara tra le nuove generazioni, per cui è tutto
elettrico, elettronico, sonico, veloce… —.
La sua spatola ritaglia quindi una femminina mezza
luna — una donna che legge è oggi un ricordo lontano? Speriamo di no! — involuta
e spensierata.
Allunare è ritagliare, ma anche atterrare su un altro
pianeta; ed è proprio questo che ottiene la Cristino: l’osservatore percepisce sia
quel distacco che un universo placido, intenso, quanto quelle spatolate
circoscritte.
"La Rinascita" di Anna Cristino
La Rinascita
L’opera “La Rinascita” scaturisce da una
spatola vivace, resultiva, generosa, feconda e… tempestosa: partorisce
addirittura un’esagenesi — esagerata! —
“Sei ballerine” e “Cinque donne per strada”
di Ernst Ludwig Kirchner, “Le demoiselles d’Avignon” di Pablo
Picasso , “Mata Mua” di Paul Gauguin , “Il club del
giardinaggio” di Fernando Botero… harem artistici inviolabili oppure
proibiti, sacri o peccaminosi, dove la donna viene interpretata, destrutturata,
resa meccanica, spigolosa oppure dilatata, appare primitiva oppure sofisticata,
esotica, charmant, prostituta oppure santa.
Shiiink! La mano di
Anna agisce e la spatola libera la sua donna da una realtà pudibonda e da ogni
pruriginosa volgarità, con un taglio netto.
La spatola della Cristino, quel suo gesto così
energico, transustanzia “terra e aria” in un gioco di ossimori percettivi: qui,
glutei prepotenti e seni turgidi ammiccano sulle figure lapidarie, tipiche
dell’autrice, che vivificano una virginale natività.
L’artista vuole le sue vergini danzare su un mare
amniotico o un inconscio acqueo frugale, eppure vitreo, in cui il suo strumento
ha disteso versi orizzontali sottili, dove tinte digradano le une nelle altre,
preservando sapientemente l’identità delle forme e dei colori delle presenze
femminine.
In ultimo, radama le polpe delle sue creature epigee
con ventosi vapori, così evidenti da travolgere lo sguardo in un’ascensione, un
decollo, una partenza; una gestualità segnico/cromatica così intensa e sincera
trasforma la parte aerea, inafferrabile della composizione, in materia audace e
pulsante.
Un dubbio solo…
E se invece l’opera ritraesse il personale hammam
della Cristino, ossia sei “episodi” della propria abluzione?... come ne “Bambina
che corre sul balcone” di G. Balla? Anna Cristino sintetizza sei dinamismi in
un'unica aspersione a spatola.
Giudicate voi…
In sintesi
Ne volete ancora? Mi sembra di aver detto molto!
Oppure no?
Sentiremo ancora parlare di quel Shiiink.
È una promessa.
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