Il pendolo del piacere: la “Crème de pistache"di Maria Marchese ridisegna il tempo dell'amore erotico. di Giorgio Borzellino Fellini

Il filosofo ed esteta siciliano Giorgio Borzellino Fellini coglie, nel nuovo articolo, le molte “sensibilità” ed i talenti di Maria Marchese. Borzellino sembra immergersi nel tempo cremoso descritto dalla Marchese, sorprendendo con questo “racconto” sospeso insito nei versi della nuova perla scrittoria della poetessa comasca.

La poetessa, curatrice d'arte, art influencer, divulgatrice culturale e designer di accessori Maria Marchese
La poetessa, curatrice d'arte, art influencer, divulgatrice culturale e designer di accessori Maria Marchese 


Crème de pistache
Dedicata a Chéri

Sei crema di pistacchio:
una leccornia che ammaglia piacere ed espiazione,
che annoda minuti irrisolti,
quando il ticchettio dell'orologio antico liquefà ore di cristallo,
ammorbidendone i contorni.

… Tic tac, tic tac… don!

Il pendolo oscilla su un tempo sibillino di pensieri adolescenziali:
tuffo le dita avide nel barattolo,
per rubare quell’oro verde e sapido, poi,
ridisegno il tuo profilo, con quelle gocce orientali.

Scrivo sulle tue natiche l'eteroglossia delle mie voglie,
riempiendo i miei polpastrelli
e delle lacrime di fata e del tuo prodigio.

Sono, forse, uno scribacchino,
eppure trasformo gli arzigogoli soffici sui tuoi seni
in accenti impertinenti ed esotici
di una poesia, che imperla la mia bocca.

Tic tac, tic tac … la mia crème de pistache!

Maria Marchese

A sx Maria Marchese con la borsa gioiello iconica Chaturanga Haute Couture; a dx il folosofo ed esteta siciliano Giorgio Borzellino Fellini
A sx Maria Marchese con la borsa gioiello iconica Chaturanga Haute Couture; a dx il folosofo ed esteta siciliano Giorgio Borzellino Fellini 



Con “Crème de pistache” , Maria Marchese compone una delle sue poesie più sensoriali e insieme più consapevolmente metaforiche. È un testo che si muove con naturalezza tra due poli — il corpo e il linguaggio — fondendoli in una materia unica, densa come la crema che dà titolo alla composizione. La Marchese riesce a costruire un immaginario in cui il gusto diventa scrittura, il tempo si liquefa, la pelle è un foglio da percorrere, e l’eros prende la forma di una miniatura barocca, in cui ogni dettaglio vibra.
Il titolo introduce subito un registro gustativo: “Crème de pistache” è un’immagine golosa, orientalizzante, infantile e sensuale allo stesso tempo.
Il pistacchio non è solo un alimento: è materia da spalmare, da toccare, da rubare. È una dolcezza che unisce “piacere ed espiazione”, come scrive la poetessa: il piacere non è disgiunto dalla colpa, e la cremosità è già promessa di un gesto erotico.
Alcuni versi di "Crème de pistache" - Dedicata a Chéri di Maria Marchese
Alcuni versi di "Crème de pistache" - Dedicata a Chéri di Maria Marchese 


La dolcezza diventa quindi un luogo dell’ambivalenza, lo spazio in cui il desiderio ritrova la sua contraddizione originaria: la gioia e il limite, l’eccesso e la punizione, la luce e l’ombra.
Uno dei passaggi più interessanti della poesia è la trasformazione del tempo:

“il ticchettio dell'orologio antico liquefà ore di cristallo,
ammorbidendone i contorni.”

La Marchese mette in scena un tempo sensoriale, non cronologico: un tempo che si scioglie come una crema che si scalda tra le dita. L’orologio, simbolo di rigore, di linearità, di immutabilità, viene sciolto dal desiderio. Le ore non sono più solide (cristallo), ma diventano fluide, malleabili, quasi commestibili. Il pendolo, con il suo tic tac, scandisce non più il tempo oggettivo, ma quello del piacere: un tempo segreto, “sibillino”, in cui la memoria e la fantasia si intrecciano. L’immagine centrale della poesia è il gesto:

“tuffo le dita avide nel barattolo…
ridisegno il tuo profilo, con quelle gocce orientali.”

Qui il corpo dell’amato diventa una superficie da plasmare, una tela (evocazioni ricorrenti nella poetica dell’autrice). La crema di pistacchio è la pittura, il desiderio è il pennello.
La Marchese costruisce così una scena estetica ed erotica insieme: l’amore è artigianato, manipolazione, tatto che diventa forma (anche questo tema ricorrente nell’estetica della Marchese). Le “gocce orientali” evocano un gusto esotico, quasi favolistico, che richiama l’Oriente come luogo immaginario del piacere.
Il passaggio più concettualmente ricco è quello dedicato alla scrittura:
“Scrivo sulle tue natiche l'eteroglossia delle mie voglie…”
L’eteroglossia, termine della critica letteraria, indica la molteplicità delle voci entro un’unica lingua. Maria Marchese porta questo concetto nella dimensione erotica: le sue “voglie” hanno più voci, più idiomi, più registri. Il corpo diventa pagina plurilingue, testo palpitante. È un’idea straordinaria: l’eros stesso è linguaggio polifonico, e scrivere sul corpo significa liberare quella polifonia nascosta. L’immagine delle “lacrime di fata”, accostata al “prodigio” dell’amato, aggiunge una nota fiabesca: l’erotismo è insieme magia e artigianato, incantesimo e manualità.
Maria Marchese ha un talento raro: non teme di oscillare tra autoironia e audacia. Quando scrive:

“Sono, forse, uno scribacchino…”

introduce una pausa tenera, quasi giocosa.
Ma subito dopo la stessa mano che si definisce “scribacchina” rivela una potenza creatrice:

“…eppure trasformo gli arzigogoli soffici sui tuoi seni
in accenti impertinenti ed esotici.”

Qui il linguaggio e la carne si sovrappongono: i seni sono “arzigogoli”, forme morbide da decifrare; gli accenti, segni linguistici, diventano tracce del tocco, punteggiatura sulla pelle. La poesia “imperla” la bocca: il verbo si fa saliva, luce, gusto. La parola non è suono astratto: è una perla che resta sulle labbra.
La chiusa torna sul tic tac:

“Tic tac, tic tac … la mia crème de pistache!”

Il tempo ricomincia, ma non il tempo della cronologia: è il tempo del desiderio che ritorna, del gesto che si ripete, della memoria che si rinnova.
La ripetizione ha il sapore del rituale, come un piccolo gong erotico.
È un ritorno circolare, musicale, che sigilla la poesia come un breve poema sinfonico del gusto.
Crème de pistache è un testo compatto, luminoso, in cui la materia del desiderio si trasforma in linguaggio e il linguaggio in materia.
Maria Marchese costruisce un’architettura sensuale in cui:
• il gusto diventa gesto,
• il gesto diventa scrittura,
• la scrittura diventa corpo,
• il corpo diventa tempo,
• e il tempo torna, sciolto, nella crema da cui tutto ricomincia.
È una poesia che si legge con gli occhi, ma si comprende con la bocca, la pelle, le dita.
Una poesia, dunque, pienamente incarnata: una grammatica del desiderio.

A sx Maria Marchese; a dx due delle sue raccolte poetiche " Scrivo t,amo" e "Le scarpe rosse- Tra tumultuoso mare e placide acque"
A sx Maria Marchese; a dx due delle sue raccolte poetiche " Scrivo t,amo" e "Le scarpe rosse- Tra tumultuoso mare e placide acque"


Si nota, anche, che le ultime 4 poesie di Maria Marchese sono dedicate a “Chéri”.
Ci si domanda chi sia Chéri: esiste realmente oppure è un’invenzione? Sarà la stessa Marchese?
L'abbiamo vista nelle vesti di un angelo, di un diavolo, di Lunatique, di una regina, di Cerise, di una moderna Haudrey Hepbunr in “Petit-déjeuner chez Tiffany”… è possibile, quindi, che Chéri possa essere la camaleontica autrice.

Una chicca: il 4’ libro di poesie di Maria Marchese su amore ed erotismo della Marchese, dopo “ Scrivo t,amo “raccoglierà tutti i contributi di Giorgio Borzellino Fellini.

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