La pioggia diventa tempesta se dorata: il limite tra scandalo e arte, tra pennello, forbici, plin plin e Peety di Pregoni
Oggi facciamo un viaggio nel mondo della pioggia dorata o pissing, rivisitandolo attraverso uno sguardo artistico: dalla "Pisseuse" di Pablo Picasso ai contemporanei Nardi e Grieco e perché no —perché sì— al millimetro di essenza dorata di Peety di Angelo Orazio Pregoni.
Una crasi tra la 'Pisseuse' di P. Picasso, quella di S. Nardi, Psiche di Andrea Grieco e Peety, la fragranza di Angelo Orazio Pregoni |
a cura di Maria
Marchese
Di “pissing” è allagata non solo la
storia, ma anche una certa letteratura, dal Marchese de Sade e le
sue Centoventi giornate di Sodoma fino alle riflessioni di Havelock Ellis. L’intimità
di quel gesto assume poi un aspetto sfacciato, in certi contesti, tanto da diventare
oltraggio al pudore personale e pubblico o all’opposto uno stimolo eccitante.
Nella testa dell’artista cambia ancora dimensione
— ahimè e wow, croce e delizia —: s’insinua come assenzio — la Fée Verte
(la fata verde), donna dagli smeraldini inganni, ammaliatrice obnubilante — dal
color champagne — quindi charmant, effervescente —…. diventando un veleno ambrato
che ubriaca i sensi — che a loro volta
saltellano dionisiaci — assoggettando intelletto e azioni.
Eppure…
“Ci sono certi sguardi di donna che l’uomo
amante non iscambierebbe con l’intero possesso del corpo di lei. Chi non ha
veduto accendersi in un occhio limpido il fulgore della prima tenerezza non sa
la più alta delle felicità umane. Dopo, nessun altro attimo di gioia eguaglierà
quell’attimo.”
Gabriele
d’Annunzio , libro
Il
piacere
Come insegna il Sommo poeta però, l’Arte è quella
donna capace di accendere il fulgore della prima tenerezza, e mentre l’occhio
scivola tra le pudenda — proprio lì, tra umori, polpa, urina —, l’artista
s’innamora, diventa amante complice e devoto, si trasforma in puro esteta.
Tutto il resto è noia, noia, noia, noia….
L'opera 'Pisseuse' di Pablo Picasso e il suo autore |
La pittura di Pisseuse in Pisseuse: da Picasso a Nardi
Nel 1965, Pablo Picasso sfida l’eleganza che contraddistingue Giovane
donna al bagno in un ruscello di Rembrandt,
“distorcendone” i lineamenti e battezzandola “Pisseuse “ — in pratica “Donna
che piscia”, la lingua francese confonde e maschera — mentre Afrodite e il suo
mito — beltà nata dalla schiuma dello sperma di Urano — apportano alla stessa la
ruvidità — preziosa e classicheggiante — degli affreschi cretesi.
Qui la lingua gioca un ruolo fondamentale ovviamente; la
gentilezza della lingua classica infonde un garbo che manca —ahimè! aggiungo —
nel gergo contemporaneo. Così, quando si legge il titolo dell’opera avviene una
prima scrematura e già ci si allontana dal chiacchiericcio inutile, deterrente
e infecondo rispetto a qualunque presupposto artistico.
È fondamentale ricordare poi che gli smerli, le strisce,
gli impasti, i punti… di Picasso propongono volutamente una visione sciatta dei
soggetti; nella realtà dei fatti questa sua cifra ha ispirato un’intera
corrente della scena pittorica degli anni Ottanta.
Una delle 5 'Pisseuse' di Nardi e l'autore |
Nel contesto della mostra personale “Scandale” del
professor Stefano Nardi , tenutasi alcuni anni fa in un negozio
del centro di Mantova, qualcuno urlò ancora —Scandalo! —: un’altra Pisseuse
compare tra le opere della mostra — ancora gambe divaricate, umori, urina,
ahia! —, addirittura moltiplicata per 5.
Cinque infatti sono le tele, in cui Nardi riassume
un percorso concepito dopo approfonditi studi sul segno e sulla sfera
cromatica; polverizzato ogni eccesso, predilige alfine la forma pura e un
pentagramma tonale deciso.
Cinque sono quindi le opere dove Nardi esprime una sobrietà
fotografica, mentre il sentimento, la poesia si possono presumere — o meno —
tra sistole e diastole compositive; sia la pelle rosata che lo spazio che la
ospita appaiono e scompaiono, infatti, così come la fisionomia e i dettagli.
Nardi sembra quell’amante che accende e spegne la luce: così
quell’amplesso, avvicendamento deciso e particolare, intriga chi osserva dentro
una sintesi ipnotica di luce e buio, di vedo e non vedo, dove l’immaginazione la
fa da padrona — mistress o
padrona o dominatrice oppure domina, rifacendoci al classicismo e alla nobiltà
— portando ad un’estasi in primis
celebrale.
Nardi però non si sconfortò al grido della pudica bocca! Al
contrario, con ironia e con la complicità dell’allora curatore, appiccicò delle
mutandine posticce sulla natura delle cinque “Demoiselles di Mantova — a mo’ di
sfottò nei confronti dei moralisti —; l’artista venne paragonato al
“Braghettone”, incaricato dal Santo Padre di coprire le nudità
michelangiolesche, suscitando — ah! ah! ah! da beffa a bersaglio colpito
proprio nel centro — l’interesse dei media (furono realizzati diversi articoli
sui quotidiani e servizi sui telegiornali nazionali in prima serata).
Psiche di Andrea Grieco, lo stesso Andrea Grieco e la locandina della personale Limbica, a cura di Maria Marchese |
Dalla pittura al cut up con Psiche di Andrea Grieco.
Nell’opera ψυχή (psiche), l’artista partenopeo Andrea
Grieco ritaglia i contorni di un sogno, con precisione chirurgica, provando
ad afferrare e rendere concreto uno stato delirante.
Grieco infilza le lame nelle proprie carni latenti,
apocrife, e nelle viscere di quel sogno così irreale, ricavandone frammenti definiti
di derma.
Li ricompone in una divinità femminina i cui abiti, la
posa, l’atteggiamento stesso suscitano pensieri impuri.
Maschera il volto per incensare una purezza atipica — tutelandone
allora l’identità — ; Grieco così fa sua “un démon” dalle corna a forma di ali
di farfalla — leggerezza e castigo, salvezza e condanna coincidono nella stessa
entità —.
Solo un collant velato, al limite della trasparenza, fascia
le grandi labbra, ma non ferma né quella pioggia dorata né tanto meno il
desiderio dell’artista e dell’uomo — se esiste un reale desiderio rimane però
un mistero… è "semplicemente" Arte! —.
Il battesimo — l’assoluzione dai peccati — potrebbe — e
sottolineo potrebbe — avvenire per via di quelle lenzuola cremisi — carte che vogliono
e devono rimanere segrete — così saporite di un gusto retrò, di un tempo dai
valori diversi.
Che possa questo letto costituire un’unzione efficace è una
questione da giocarsi sul campo.
Da tela e pennello a carta e forbici — il sasso no, quello è un'altra storia — alla plin plin extra lusso, con Peety di Angelo Orazio Pregoni.
La fragranza Peety e Angelo Orazio Pregoni
Se una nota azienda produceva un’acqua che faceva fare tanta
Plin Plin, Pregoni crea un alcolico di lusso che necessita di 1 millimetro di pipì
— 10 sole gocce —: Peety è una fragranza doc — si evolve tra note ambrate e
tabaccose, sensazioni floreali di rosa e gelsomino, passando per la fava tonka,
il sandalo e il pepe rosa, perbacco! — che scardina i leziosi cliché propinatici
dai media, allontana dalla massificazione creativa, rappresenta una creazione
veramente unica — come “nasomanufatto” artistico e come privilegio personale —.
Peety è un jus snob, un prodigio ancestrale – la fava di tonka insomma e il
pepe… — arricchito di alcune valenze pop e dada, oltre che di sensazioni nuove
di metalli e frutti — la sensazione di metallo è da sbarrare gli occhi —.
Peccati e peccatori tutti assolti?
Come abbiamo detto all’inizio, però, l'Arte è quella donna
capace di incendiare l’animo di tenerezza e di quel possesso non carnale che lascia
intonsa l’integrità dell’essere umano.
O forse no.
Tutto il resto è noia, noia, noia, noiaaa!!
Andrea Grieco è stato protagonista della mostra personale Limbica , a cura di Maria Marchese, presso la BM Art Gallery di Olivia Bracci, nella città di Orvieto.
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