“Fare o non fare? Questo è il problema”. E se agire e il contrario coincidessero? L’arte di Aurelio Blengino, tra action painting e wu wei, l’oriente e l’occidente per la pace.
Aurelio Blengino è l’artista della pace, eppure le sue opere arrivano dritte “in faccia” come schiaffi; i suoi aforismi sono pensieri sinottici profumati di buon senso e di un profondo lavoro interiore, a tratti taglienti e disincantati, altre volte più morigerati e positivi. Oggi vi porto a fare un viaggio nell’universo di Blengino, dove opposto non coincide con nemico.
a cura di Maria Marchese
Aurelio Blengino e il libro "L'arte per la pace"-BBEUROPA EDIZIONI |
Quando
pensiamo alla parola pace la mente esclude il conflitto, il flusso sanguigno
rallenta, il corpo si rilassa — appaiono la colomba, vaste distese erbose,
Bhudda, Gandhi, si sentono il canto degli uccellini, il gong di una campana
tibetana, …—; se pensiamo a Jason Pollok — sigaretta in bocca
e mozziconi sulle tele, occidentale, morte per alcolismo, espressione artistica
caotica, indoma, … — le reazioni potrebbero essere opposte.
“La pace
è la più elevata delle arti umane”
Aurelio
Blengino – L'arte per la pace
L’assolutismo
di Blengino in questa affermazione è pura “Re-ligo”; poi, però, guardando la
scultura “La forza della sofferenza” sento: “Wram!”, chiaro
nelle mie orecchie — vedo le sue mani che estirpano il filo spinato, che a sua
volta si divincola dalla presa come un serpente, sibila metallico la propria
rabbia e ancora sento l’odore del sangue sugli aghi, avverto il dolore fisico,
ma anche la disperazione e l’impotenza —; apro un’altra pagina a caso e il nero
mi restituisce l’opera “Soldato bambino” con un “Ratatatatata”,
dove la tautologia sonora è assordante, soffocante, prepotente e fuori luogo,
tanto quanto un mitra tra le braccia di un adolescente, tanto quanto la morte
tra le mani di chi avrebbe potuto o dovuto avere un libro, un pallone, una
birra…
La forza della sofferenza" e " Soldato bambino" di Aurelio Blengino |
Poi un
dripping brado di colori chiassosi, vividi, a volte antitetici, confonde,
destabilizza, frantuma le certezze: vita e morte, guerra e pace, silenzio e
rumore, azione inazione, concetto, rigore, disordine…
Action painting letteralmente significa pittura d’azione, Pollok
the dripper insegna che non è una pittura casuale, e, intanto, un certo Richard
Taylor si chiese se per caso, data l’intricatezza dei tracciati pollockiani,
non si potesse supporre che quelle trame avessero carattere frattale — che parolone
frattale! un termine tecnico che designa un insieme di figure che si presentano
in modo ricorrente su scala via via più ridotta, sfociando in forme di
eccezionale complessità; in parole più semplici un frattale ha una forma
geometrica frammentata che può essere suddivisa in tante parti, ciascuna delle
quali è una copia ridotta dell’insieme; in termini pratici, forse, una
supposizione quella del professore di Oxford, che avvalorava maggiormente le
opere del dripper —.
Studio,
calcolo oppure un’astuta incapacità oppure…
Il mio
pensiero è che il buon Pollok, praticando i nativi americani, i loro riti,
spiriti e spiritelli, peyote and so on affermando la non casualità della sua
espressione artistica facesse riferimento al Wu_wei, alla lettera azione/non
azione, e — Non se ne esce proprio— penserete, —Manoooooo—rispondo
io— quel non compiere alcunché non si concretizza nel mettersi a braccia e
gambe conserte, aspettando che qualcosa accada — che magari la pentola d’oro
alla fine dell’arcobaleno arrivi direttamente con Amazon a casa, o che ci venga
conferito il premio Pulitzer per aver imparato a coniugare correttamente il
verbo avere — bensì nel compiere azioni frutto del nostro io primitivo, l’io
vero, inconscio, incontaminato. Eccolo è lui la chiave: l’inconscio, ciò che è
fuori dalla coscienza, che è inconsapevole. Sarà quindi l’inconscio con la sua
assenza di gravità, di regole, di raziocinio, di sovrastrutture a dar vita all’euritmia
esistenziale, a quello scorrere naturale, vero, che permette all’individuo la
conciliazione con sé e col mondo.
Torniamo a Aurelio Blengino
Allo stesso
modo, Aurelio Blengino scardina il concetto dalla mente, transustanziandolo in
una palingenesi controcorrente: l’uomo e le proprie manifestazioni quindi
rinascono libere; le sue opere sono preverbali, correlative, collettive,
sincroniche, metaforiche.
È un arte,
quella di Blengino, materiale, profumata, impertinente — sì, esattamente sfacciata,
al punto tale da turbare la compostezza del bon ton sociale —, la cui ruvida
concretezza, i cui spessori, intesi proprio nella loro dimensione corporea,
tolgono la morbida e comoda coperta di Linus alla quale ci hanno assuefatti.
Il
temperamento di Blengino fruttifica un’espressione artistica sincretica, il cui
polimorfismo sensoriale primitivo ascende in una sfera semantica concettuale e umana, salvando il soggetto smarrito nei meandri del
pop occidentale, così rappresentazionale, verbale, articolato, diacronico,
causale, da un cosmopolitismo
utilitarista promosso dall’elite.
“Autunno – Primavera”, “Scissione concettuale dei colori dell’anima” e “Fusione di colori metallici di Aurelio Blengino |
Guardo “Autunno
– Primavera” poi “Scissione concettuale dei colori dell’anima” e “Fusione
di colori metallici”: ecco —Ommmmm—.
Om o Aum rappresenta simbolicamente la sintesi dei 3
aspetti differenti del “3 in uno”; questo implica che la nostra attuale
esistenza definita come mithya, o realtà apparente, deve essere trascesa al di
là del corpo e della mente intuendo che la vera natura dell’infinito, la natura
di Dio, è immanente, trascende la dualità, essendo e non essendo, e che non può
essere descritta a parole, ma solo sperimentata.
Eccoci!
“essendo non essendo” — dubbio amletico Shakespeariano —"facendo e non
facendo”—: se non sono, sono, non faccio ma agisco, non sono non faccio ma vivo
—scatta l’emoticon perplessa.
Le 3 opere che
ho citato argomentano così bene l’Ascensione insita in Blengino, dove
l’aspersione avviene per mano di questa sgocciolatura; il grigiore
dell’autunno restituisce i colori vividi della primavera, mente l’anima,
vivisezionata attraverso l’identificazione dei colori dei suoi umori, prende
vita, per arrivare, alfine, a questa pace, intima e universale, così preziosa tanto
quanto l'oro liquido.
Sono
sicuramente posizioni per alcuni astruse, bislacche, arcane, per altri, invece,
lapalissiane, e non ho la pretesa di chiarire i misteri esistenziali.
Ma il mio
non agire di oggi mi ha portato a drippare — action writing — sulla personalità
di Blengino.
—
Ah,
ah, ah… — sorrido in pace.
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