Marco Nava e la sua "San Romano" : viaggio allegorico dentro una spiritualità ancestrale. By Maria Marchese

Può una via storica diventare una viaggio allegorico dentro se stessi? Se la città rappresta una parte indispensabile della propria esistenza sì, questo accade. C'è lo dimostra Marco Nava con la sua opera "S. Romano", dove antiche mura conducono dentro uno spazio intimo e prezioso. 

     a cura Maria Marchese


San Romano - Ferrara, Marco Nava 



Un sussurro diventa certezza, quando "bussa", con assidua intensità, alla tua porta... 

Con la stessa delicata prepotenza, "San Romano", di Marco Nava , che ritrae, in maniera assolutamente personale, una via storica della sua città natale, ha carezzato il mio orecchio e, da sottile respiro, è diventato un risoluto e febbrile stato d'animo, che aveva la necessità di trovare espressione attraverso le mie parole. 

Tutto ciò si risolve nell'inesplicabile, ossia in quel cosmo, che risulta oscuro e longinquo al mondo sensibile, ma immediato nella sfera spirituale. 

Sono convinta che quest'opera avesse trovato un quieto giaciglio, in me, in un imprecisato momento dell'esistenza, destandosi, dal torpore del riposo, nell'istante in cui, guardandola, i miei sensi, compreso il sesto, l'hanno riconosciuta. 

In essa, ho intuito un passo della levità, che designa il pantheon dell'artista: la sua personalità serba, infatti, un tempio interiore, pregno di candida essenzialità e di una sacralità primigenia .


“Per tutti quanti la cosa più importante è diventare, diventare qualcosa. Tutti vogliono diventare ricchi, a livello materiale o spirituale. Non separate il livello materiale da quello spirituale, sono esattamente la stessa cosa. Quello che chiamate spirituale è materiale.”


     Uppaluri Gopala Krishnamurti


 

Nava si veste, quindi, di iuta, e ammanta la tela del medesimo frugale drappo: suggella, così, una simbiosi, assumendo un ruolo quasi sacerdotale, concepita in seno ad una sinergia totale tra corpo, spirito e natura. 

Dirime, poi, quello scorcio della cara terra, con calce e acqua. Crea, quindi, una mescita povera: qui, la polverosa terra è pregna dei sapori di antiche fatiche e di genio, di vita consumata, tra consuetudini e crescita, di individualità e condivisione sociale, mentre la parte inconscia è essenza liquida, e l'emozione viene personificata in una lacrima. 

Come elementi di un pane necessario, essi addivengo un tutt'uno, con l'artista e l'opera. 


Marco Nava 


Marco Nava crea, invero, un'architettura coinvolgente: le mura accompagnano l'osservatore verso una parte nascosta. 

Nava elargisce, infatti, la composizione, in modo tale da sedurre chi si trova all'esterno, che, inevitabilmente, segue il segno e le sue volizioni. 

San Romano diventa, quindi, un viaggio allegorico, alla scoperta di una spiritualità ancestrale e materica, ma, nel contempo, rarefatta e preziosa. 

L'artista la ritrae con profili incerti, sottolineando lirismi emotivi, eppur pieni, lumeggiandone, quindi, la reale presenza. 

Gli orditi e le trame di quel tessuto perdono la gravità, in virtù di un pensiero metamorfico: il peso della materia viene annichilito dalla leggerezza, che è sentimento puro. 

Il sodalizio tra parte corporea e non, avviene all'interno di un processo dissolvenza/apparenza, in cui il muro si perde e appare la pelle divina. 


"Come in cielo così in terra"   un modus vivendi, specchio del temperamento dell'artista ferrarese. 

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