La Levante di Anna Cristino e il Torii: un cancello rosso che separa il sacro dal profano. By Maria Marchese

Si erge in mezzo al mare "Levante" di Anna Cristino: sembra affiorare dalle acque ma anche appartenere a queste ultime. Approfondiamo oggi l'opera che è incipit di Penelope et Mare Nostrum, la personale dell'artista barese. 

           cura di Maria Marchese  


Levante - Anna Cristino 


Anna Cristino  nasce, fisicamente, a San Severo, ma è il grembo paterno che nutre la sua gestazione come artista. Il genitore, abile disegnatore, fascina, infatti, la figlia, fin da piccola, nell’universo estetico.

Da lì, il passo seguente è tradurre, attraverso il linguaggio compositivo, le sfumature delle sue volizioni. Mani e spatola diventano gli strumenti, con cui l’artista comunica, mentre, nel tempo, il suo talento innato si affina, grazie ai diversi corsi affrontati. Il suo ciglio si concentra ad amare la donna, che appare, via via, in ogni sua manifestazione, con vesti mutevoli, che addivengono, alfine, un abito inconsuntile.


Levante 

Anna Cristino rimpolpa una levantina vergine, che ha la medesima possanza di un Torii: il cancello porporino, nella cultura giapponese, delimita i luoghi sacri.

L’isola di Itsukushima è considerata un nucleo inviolabile, in tal senso, così, l'oceano gemma, tra i suoi motti ondosi, questo fiammeggiante limes, che scandisce la metamorphose, tra condizione naturale e stato divino.

Nell’opera “Levante, la Cristino sembra raddolcire l’architettura di quel particolare Torii, plasmandone le rigidità; esse, “colpite” dalla sua lama, paradossalmente, si allietano. L’artista barese chiosa, così, con la spatola, un incipit femminino, le cui sinuose e tese forme rappresentano il passaggio e il risveglio.

L’azzurrità esperienziale appare come materia acquea viva; Anna Cristino unisce acqua e polvere, forse, i detriti umani, la concretezza della vita reale… li persuade affinché, conturbati dalla liquida essenza, possano distendersi inquieti, sulla tela, oscura come il nero manto della notte, ma generosa, come solo il colore nero sa essere. Ivi, i motti ondosi si abbandonano agitati, personificando e l’orizzonte e la fonte battesimale.

Libera, poi, l’autrice vaporosi versi, che suggellano la dissolvenza, assolvendo, così, quello stato osmotico, in cui l’individuo abbandona la gravità, mutando in spirito.

In quell’atmosfera, nasce l’”est-atica” donna Cristino: rubando la voracità del pigmento acrilico e il suo labbro salace e impetuoso, la pittrice riempie un incarnato roseo, sul quale infligge, a tratti, un candore neonatale; ne contamina il derma, intessendovi il pudore e il riservo della notte e, altresì, il fuoco, che scorre, con la nera, nottivaga diva, come linfa vitale. L’artista rammaglia questi sottili e decisi umori, che si intrecciano, quale essenziale sinossi della figura, umana e ultraterrena.

“Levante” si flette e dona, come pensiero libero e conto!


Anna Cristino 


Anna Cristino esprime, nelle tensioni, infusevi, tutta la forza, la grazia e la pienezza di un primitivo rinascimento,

lumeggiando una “ irrepressible joie de vivre”, che frantuma le pareti spazio/temporali, per abbellarsi nell’eternità.


He who binds to himself a joy does the winged life destroy; he who kisses the joy as it flies lives in eternity’s sunrise.


Chi lega a sé una gioia distrugge la vita alata; chi bacia la gioia in volo vive nell’alba dell’eternità.

                     William Blake

 

Chi posa il leggero bacio, declamato da Blake, su “Levante”, diviene parte di quella stessa alba.

 

 

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