d'animo - Daniele Carletti, a cura di Maria Marchese



                                                      “DUE STATI D'ANIMO”


                                                          DANIELE CARLETTI 


                                                      a cura di Maria Marchese


Due stati d'animo 
Olio su tela, 50x70,
Collezione privata 


Daniele Carletti mi fece pervenire l’immagine di “Due stati d’animo”, chiedendomene un’opinione, poco dopo il nostro incontro, avvenuto a Lucca nel 2017. 

Mi confidò che questa sua opera gli suggeriva, di volta in volta, nuove intuizioni: effettivamente, lo stesso, nel corso del tempo, è accaduto a me. 

Ricordo che, allora, esternai una serie di considerazioni improvvisate e, ipso facto, "mi si concretizzò" la locuzione “Il tango dell’alterità ” (dove quest’ultima viene intesa come differenza tra due entità). 

Certo è che decisi, in quel momento, che ne avrei scritto…


Con questo sua fatica, il maestro ferrarese si fa valente interprete del concetto di dualismo, dapprima catturandolo dall’astrazione, quindi, impadronendosene; dopodiché lo sviluppa, a modo proprio, e lo traspone, all’interno di un’inusitata “danza pittorica”, dove il soprasensibile prilla, entro il significato di vibrazioni provenienti da accordi metafisico/futuristi. Ecco allora che la dicotomia, che si evince  dal contesto creato dall’autore, esprime la propria tensione attraverso i concetti, figurati e non, di questo spartito, realizzato ad olio. Un primo sguardo concreto, rivolto a questa pagina illustrata a pennello, ne intende, d’emblée, l’evidente differenza tra i due soggetti protagonisti (configurati con indiscusse fattezze, rispettivamente, femminili e maschili), resi, entrambi, peculiari, dall’approfondito studio, operato dal pittore, e tradotto in un idiomatico costrutto, che trova concretezza, nell’attuazione di forme, linee e colori, dal suono avanguardistico. 


Ma Daniele Carletti vìola, da sempre, i limiti della terra di confine, per affacciarsi sul suolo, dove regna l’enigma: proprio qui, la forma si dissolve, per divenire “forma del valore aggiunto”, e l’assurdo trova spiegazione. 

Alla luce di ciò, rileggo questo brano realizzato a pennello, come si usa fare nel momento in cui si affronta l’ascolto di un componimento solo apparentemente semplice, poiché cela il richiamo dell’insoluto. Ne individuo, così, ulteriori chiavi di intendimento. 


Distinguo, in esso, due sezioni immaginarie (una superiore e una inferiore), e noto come l’atteggiamento delle figure protagoniste sia simile: reticente, nella sfera posta in alto, e concorde, in quella opposta. Ciò sposta la mia attenzione dalla dimensione fisica a quella riflessiva, illustrando un ulteriore conflitto: quello tra ragione e istinto. Eppure l’interpretazione di “Due stati d’animo” necessita, a mio avviso, di un passo successivo, o di un azzardo, da parte della mia sensibilità. Quest’ultimo si concretizza, abbracciando il pensiero di Cartesio e il Dualismo cartesiano

Pertanto l’opera ribattezzata “Il tango dell’alterità” mette in atto il traslato di una dissertazione che si costituisce, ancora oggi, come oggetto di attenzione da parte dei più grandi pensatori. La “res extensa” apre quindi il sipario su questo moto incalzante concertato, con perizia, dall’esteta: estensione e limitatezza (caratteristiche proprie del suddetto principio) disvelano i propri passi danzando attraverso un astruso gioco di forme e linee, che si articola sul piano effettivo, mentre l’inconsapevolezza (altro attribuito della res extensa) viene liberata dal contegno dei due tanghéri, vittime delle passioni. 


La res cogitans, invece, si delinea attraverso l’euritmia dei colori, brillantemente conciliati dal pittore. 


Per la realizzazione di questa dissertazione pittorica, è evidente che Daniele Carletti abbia affrontato un’approfondita ricerca addentro il proprio io inconfessato, per poi utilizzare la duttilità del colore ad olio al fine di individuare e creare punti precisi di nuances (tra le quali spiccano preminentemente il blu, il verde e il viola), frutto di quel lavoro interiore svolto sul piano intellettivo, istintivo nonché spirituale. 


Accostandoli, poi, con sapienza, evade la dimensione finita di spazio rendendo così, in maniera indovinata, i concetti di libertà, inestensione e consapevolezza, quali attribuiti propri della sfera cognitiva, secondo Cartesio. Il fervore dei colori caldi viene raccolto e arginato dall’equilibrio di quelli freddi: i verdi e i blu predominano, mentre il colore viola vivifica il dipinto. La predominanza della gamma di verde rivela un risvolto proprio di una personalità orientata verso la calma (in un’ottica dove regna una coscienza superiore), verso la perseveranza nel raggiungimento degli obiettivi senza ammettere imprevisti, la naturalezza, ma anche la stravaganza (non dimentichiamo che questa tinta contraddistingue l’alieno), e quindi, in parte, la solitudine. Incuriosisce, invece, la scelta del viola (tinta che, come il verde, può essere collocata sia tra i toni caldi, che tra i freddi), in questo contesto: secondo la cultura giapponese è un colore foriero di buon auspicio, che permette all’essere umano di muoversi in ogni direzione attirando a sé energie supplementari. Esso cela il mistero, la magia e altresì ricchezza e regalità. 


Il trait d’union, tra la realtà sensoriale e quella psichica, che Cartesio individua nella ghiandola pineale, risulta, quindi, essere l’artista, e Daniele Carletti, con questa sua manifestazione, dà grande prova di sé, dal punto di vista espressivo e intellettivo, affermandosi come personaggio attuale, di indiscusso talento, perspicacia e intensità.

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