Little child rent: il no di Pregoni alla locazione dell’infanzia come spazio abitativo di vuoti interiori e smaltimento grandi rifiuti
Little child rent è il titolo dell'ultima serie di opere di Angelo Orazio Pregoni: rappresenta una forte provocazione sicuramente. Ma l'artista sintetizza in maniera decisa una serie di riflessioni sulle debolezze umane. Oltre a questo, rimangono 3 tele di grande pregio che ritraggono l'inizio, la parte più vera e incontaminata, la parte dell'individuo che va preservata in maniera scostumata.
a cura di Maria Marchese
Attraverso una trinità pittorica, Angelo Orazio Pregoni taglia un cordone ombelicale plausibile, ma sterile. Esso trasforma il bambino nel
metro cubo umano, dimora di input emozionali normali, che sono, invero, assiomi
personali, il cui valore pesa quanto le notizie di cronaca, spesso di parte,
forniscono una realtà fuorviata.
Si potrebbe accusare l'artista genovese di essere il profeta
di uno spazio, che distrugge e dissacra un pathos genuino; invero,
l’intellettuale mette in gioco dapprima se stesso, per abbracciare una serie di
riflessioni neutrali e analitiche, nelle quali la nuova vita è quel provvisorio
“amplexus”. Qui, s’intrecciano la fame d’amore, l’oggettivizzazione di una
virtù viva, il desiderio di possesso, la necessità di autoaffermazione…
Il prezzo da pagare, per goderne, corrisponde al dolore che
si prova, nel momento in cui queste condizioni franano, per molteplici ragioni.
“Noi non siamo esseri umani che vivono una esperienza
spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono una esperienza umana.”
Pregoni rifiuta e il totalitarismo sociale e il pantheismo
induizzante: il primo sfocia in un termitaio, in cui ci si evolve per stigmergia, ossia si agisce per marcatori, riproducendo medesimi atteggiamenti all’infinito;
il secondo produce l’assorbimento totale dell’individuo, in un contesto altrettanto
spersonalizzante, seppure dal carattere mistico.
Utopista o ottimista beato, l’artista genovese decide,
oggi, con la serie triadica “Little child rent” di afferrare una provocazione,
che è memoria ancestrale di molteplici fragilità, insite nell’individuo, e, nel
contempo, annullare quel “quid pro quod”, latente nel lato intimo dell’uomo.
Attraverso la sua cifra esecutoria, sottile ma efficace, crea
una visione esclusivamente artistica e unica, nel proprio genere: riesce, così,
a dimostrare un’ascensione sociale.
Pregoni, infatti, elabora un intuitivo idioma
segnico/cromatico, evocazione di milieux umani, intrisi di pregnanze
poliglotta; essi parlano direttamente al ciglio, suggestionandolo addentro inquietudini
e docilità gestuali, imporporate da ricercate variazioni cromatiche, che
mutano, nelle mescite stesse, tendendosi e rilassandosi. Le atmosfere di
Pregoni fascinano, medesimamente, le narici, conturbate dall'esotismo di terre esperienziali
altre, nonché il palato, che gioisce, nel gustarle; invitano, poi, l’orecchio,
ad un ascolto attento e profondo di suoni riflessivi, specchio di rivisitati
equilibri antropomorfici. L’impatto, sull’osservatore, è tale da allontanarlo
da una realtà chimerica, permettendogli di toccare, con mano, la presenza reale
di un immaginario “immorale”. Con la serie “Little child rent”, Angelo Orazio
Pregoni districa, infatti, babelici e contorti nodi emozionali, mentali,
sociali… che asserragliano e asserviscono la neonata vita. Imbibe il pennello, che
rimpolpa la creatura, e, mentre la mano lo guida, intessendo, da un nulla
cosmico, l’incarnato, tra un Grave – lento o solenne, un Largo – Altero,
largamente…, un Adagio, un Andante moderato, un Allegro, un Vivace, un Presto… appare
un componimento estetico, i cui tempi sono scanditi da un metronomo personale, che
vivifica una metodica brada e costituita da irregolarità.
Nel trittico, il bambino viene ritratto, abbracciato da una
salvifica cecità: lo sguardo serba, così, l’innocenza della non conoscenza o,
al contrario, l’onniscienza. La postura ricongiunge con un ideale di totale “affido”.
Nella terza opera della serie vi è un unico elemento “alieno”: una mammella o
un pettorale, che ricorda, nutre e riempie la guancia e, assieme agli accordi
caleidoscopici, suggella il senso e la continuità dell’intera produzione
artistica di questo periodo.
Genesi green and hope - GG&H, Yellow
spring and touch - YS&T, Creamy taste and fusion – CT&F,
questi i titoli, vedono l’intellettuale genovese aspergere un erede, assolto
dal peso di ogni prospettiva anacronistica.
"Affitto deriva da “effigiare”: rappresentare con
un’immagine, raffigurare, ritrarre. Quello che si paga, dunque, per trattenere
una sensazione che ci sfugge. E anche i dipinti dei bimbi sono in affitto:
quando li guardi, ma anche quando li dipingi, e quando ti emozionano… e quando
ti svelano le tue fragilità!"
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