Natalia Jacquounain e la serie “Danceurs“: la danza come architettura della vita-a cura di Maria Marchese
Natalia Jacquounain nasce in Russia, ma, in giovane età, decide di abbandonare la terra natìa, per raggiungere la Francia, ricongiungendosi, così, con un approccio, nei confronti dell’arte, per lei, più caldo e vivo, rispetto a quello russo. Sin dagli anni ’70, affronta un percorso estetico, costituito da studi certosini: le nature morte sono un incipit fecondo, che evolve, nel tempo, in ricerche e attuazioni compositive, sempre più complesse; esse si arricchiscono e attualizzano, via via, fino a staccarsi dalle tele e diventare atti scultorei scelti e non comuni.
Natalia Jacquounain - Eclat Festival |
Il teschio di un
cavallo, acquistato, appunto, in quel primo periodo, apre una stagione che la
vede esporre in diverse Gallerie francesi: la scelta di un soggetto tanto inusuale
è identificativa di una mente analitica fuori degli schemi. Attinge, in
seguito, ad alcune incisioni di William Hogarth, importante artista e intellettuale
inglese del XVIII secolo, che concretizza nella serie “Violoncelle Noir” e
“Violons d’automne”. L’impegno speso in ognuna di queste diverse conoscenze si
concretizza e consolida, negli anni a seguire, mentre nuove esperienze
estetiche nascono; nel 2015, in occasione di una mostra presso Cloître des
Billettes, alle due serie sopra citate, Natalia Jacquounain affianca la serie
“Narcisse” . A partire dagli anni Ottanta, poi, l’artista realizza una serie di
paesaggi e nature morte, che esplicitano la sua necessità di dar voce allo
spazio sulle tele: queste ultime rispecchiano una sperimentazione, che suggella
le sue capacità esecutorie. Progressivamente, lo studio delle basi matematiche
della prospettiva la porta alla creazione di oggetti in volume: sculture da
appoggiare o da appendere. I volumi non abbandonano mai, completamente, nemmeno
i supporti materici, e diversi sono i florilegi estetici, che prendono vita: “Lutece”
, “Foret urbain” , “Gothicus” , “Fauselle” , “I tetti di Monmartre come gioco
di pesi e contrappesi” , “Lockdown o Mondo nell’altra dimensione” , “Confinamento”
, sino alla neo nata “Meta – ecologia” .
Il lato plastico di Natalia Jacquounain rappresenta, a mio avviso, un periodo meritevole di grande attenzione: dal calcolo, inattesamente, l’artista edifica profili pieni, che lumeggiano dettagli e contesti umani, sociali, naturali… , carpiti nella loro mutevolezza, preservando, alfine, poesia e levità.
La serie Danceurs
Carolyn Carlson 2 Arliquins Eau sonore |
“La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un
mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non
basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la
tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.”
Quest’affermazione dell’etoile può essere esaustiva e del
lato razionale e rigoroso e del lato performativo dell’artista francese, ammantando,
come setoso voile, la sua carriera: in particolar modo, la “pelle” degli atti
scultorei “danceurs” odora del rigore, dell’eleganza, fisica e
mentale, della pregevole intuizione innata… indispensabili, per elargire sculture
eteroglosse, dal punto di vista dei contenuti, nelle quali l’artista riesce ad
indovare l’essenza della presenza fisica, intesa nelle sue caratteristiche più
carismatiche, il ruolo spaziale, che le appartiene, declinandone le forme dalla
quiete quotidiana sino all’estensione più estrema. Natalia Jacquounain contempla,
dapprima, l’atmosfera, nella sua interezza: da scenografa, indaga l’ambiente,
le pareti, il suolo, i suoni, siano essi respiri o fruscii …
Il passo seguente è l’indagine psico/comportamentale dei
protagonisti; raccoglie, allora, usi, costumi, predisposizioni personali.
In seguito, il suo ciglio “scatta” l'immaginario fermo
immagine, che vuole fissare, nella resina o nel poliuretano, preservandone gli
aneliti palpitanti, il flusso sanguigno, i profumi, i glossa…
Destruttura, quindi, la volatilità dell’aria, riassemblando le
molecole in “apparenze ” geometriche, e componendole, indi, in “atteggiamenti”
dinamici calibrati.
Le “anatomie” vengono, quindi, sposate a quelle trame, che conferiscono
loro l’esatto spessore esperienziale, mentre il valore umano viene,
dall’artista, celebrato, con il distaccamento rispetto ai dictat del kosmos
fisico, addivenendo sodalizio tra cifra personale identificativa e architettura
universale. Sceglie poi, di inostrare queste studiate euritmie, nelle quali cattura
e, medesimamente, libera le volizioni, con le note di un pentagramma tonale giocoso
e cangiante, ‘sì che l’occhio dell’osservatore ne subisce, inevitabilmente, il
fascino.
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