Le grotte dell'anima-Anna Catalano a cura di Maria Marchese

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      Arte Contemporanea 

     Le grotte dell'anima

       di Anna Catalano 



   a cura di Maria Marchese



Anna Catalano, da sempre, ama la materia e la forma: ne studia i profili, ne ascolta, con lo sguardo, la storia e i segni, che quest’ultima ha impresso sulla "pelle" , e, a tratti, inciso, nelle carni

Impone, allora, le proprie palme, “medicando” quei corpi e restituendo loro l'antico splendore.

Medesimamente, Anna Catalano rapisce i tratti di un alfabeto fisico, che traduce, poi, sulla tela, in narrazione segnico/cromatica di una realtà quotidiana e tangibile: il pennello, allora, intriso nel colore, elargisce, sapientemente, la campitura, nei diastemi, creati dall’autrice, “rimpolpandone” le forme, che appaiono, al ciglio, come pregevoli verità artistiche.

L’autrice esperisce se stessa in molteplici “stagioni tecniche” , laddove la perizia esecutoria diviene eloquente testimonianza di indiscusse capacità.

D’emblèe, poi, accade, che ella decida di affrontare un'ulteriore e diversa indagine: con ferma mano, quindi, decide di “smarginare” le pagine, strappando il certo confine.

Poi, il suo sandalo inizia a calcare quel brullo “limes” : dove la “carta” è frastagliata, dove i suoi umori sono disomogenei, dove il passo muta in cauto avanzare, perché il suolo è irto e poco illuminato dalla conoscenza… ha genesi, per Anna Catalano, un’esperienza profondamente intima e commovente.



“La nostra anima è attraversata da sedimenti di secoli, le radici sono più grandi dei rami che vedono la luce.

        Maria Zambrano


“L’aspro solco” è l’aleph, in cui si coniugano, invero, appendici forti, ma inespresse, poiché quel riserbo ha una memoria, che si perde tra le adombrate trame del tempo.

L’anima, alfine, è una signora, i cui natali sono indatabili: la finitezza dello scoccare delle lancette, allora, si liquefà, lacrimando un pianto emozionale, che dilava ogni superficie.

L’autrice intuisce quelle acquee gemme, che, come perle di un rosario, hanno scavato le Krypte” , inostrando questa nuova percorrenza, con il nome de “Le grotte dell'anima” .

Coglie, così, la polvere di quella clessidra, frantasi, i cui granelli sono istanti esperienziali riflessivi; la mescida, poi, con il “riverbero” di quei marosi palpitanti.

La voce della superficie della tela si annichila, lasciando il posto a questi frugali penetrali, nuove “città invisibili” : il vocío del bailamme si zittisce e prende corpo un religioso silenzio, mentre l’artista diviene ἀρχή (árche) e τέκτων (técton) , inteso come “primo artefice” , di queste intense realtà ipogee. Le sue mani si muovono, addentro le pareti di quello spazio, “ricamando” orditi e trame esperienziali, che appaiono come graffianti increspature di una cattedrale naturale; imporpora, quindi, con il pigmento, l’essenza dei dinamismi, che, in esse, fluiscono, regalando un lirismo evocativo “profumato” di elementi primievi.

In queste realtà uterine si concreta il ritorno all’incipit, all’essenziale vivo, poiché, in esso, terra, acqua, aria e fuoco giocano, tornando a fare all’amore: Anna Catalano li “doma” e libera, nel contesto di un’esegesi artistica personale, che è spicilegio anagogico di un viaggio introspettivo, tanto immaginifico quanto reale. Ivi, l’ossimoro tra rudezza e levità si dirime nel concetto di un’ascensione sensoriale: la percezione della sassosa asprezza è parimenti proporzionale al pensiero riflessivo, e si traduce in atto lieve e liberatorio.









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