"QUAI DE LA SEINE" - NATALIA JACQUOUNAIN, a cura di Maria Marchese

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                                    Quai de la Seine 


                Natalia Jacquounain 

             

                          a cura di Maria Marchese


Natalia Jacquounain - Quaie de la Senne


       "Il vaso dà la forma al vuoto, la musica al silenzio"  


                              Georges Braque


"Quaie de la Seine" è la forma che Natalia Jacquounain , artista russa, ha espresso per dare pienezza al vuoto, da Braques citato. 

Nell'opera, l'autrice raccoglie altresì la sensatezza della musica, 'sì che la stessa forma annichili il silenzio.

Il sintagma "vuoto / forma /musica" allora evolve in "apparenza" : i concetti infatti si dirimono conseguenzialmente per apparire, dinnanzi a noi, come espressione architettonica.


Natalia Jacquounain
Natalia Jacquounain 


Il termine architetto ha origini dalla parla greca ἀρχιτέκτων e è composta dal termine ἀρχή (connesso con ἀρχειν - árchein- principiare, comandare, che esprime in greco antico il significato di impresa, partenza, origine, fondazione o guida) e dal termine τέκτων (inventare, creare, plasmare) . Aristotele distingue almeno sei accezioni del termine, riconducibili ai due significati principali di ἀρχή, ossia primo per importanza o primo in ordine temporale. Quando primato valoriale e primato temporale coincidono, ἀρχή esprime la divinità: Dio come massimo valore e causa prima di tutte le cose.

Secondo Erodoto, l'architetto è colui che provvede a dar norma alla costruzione di alcunché. 

Natalia Jacquounain edifica quell'alcunchè, inteso come identità che serba una parte ineffabile: "Quai de la Seine" custodisce, infatti l'intima sonorità sprigionata dal frangersi delle onde del fiume francese sulla battigia.

La Senna - Parigi

L'esteta indova quell'odorosa e musicale condizione nella delicatezza della ceramica, che muta in aedo scultoreo per declamarne il poetico canto. 

L'autrice manifesta, concretandolo nell'atto scultoreo, l'essenza dell'architettura dell'acqua: partendo dalla condizione naturale estrinsecata dall'abbraccio dei flutti ondosi della Senna con la banchina, l'autrice plasma la genesi del verbo musicale. 

La composizione evidenzia una soglia che rappresenta la scala musicale e altresì il saliscendi esistenziale; essa introduce un penetrale ove l'artista sacra un melisma terraqueo. 

Affida alle righe di un immaginifico pentagramma note sferiche, che si vestono di una importante connotazione simbolica. 


Jorge Luis Borges depositata nell'Aleph la significanza dell'inconcepibile universo, da alcun uomo mai abbracciato. 

(…) Chiusi gli occhi, li riaprii. Allora vidi L’aleph... 

Nel racconto “L’ultimo ponte di Einstein-Rosen” di Rudy Rucker, un bambino trova in un campo di asparagi una sfera brillante: essa è un “ponte di Einstein-Rosen” (ovvero un oggetto, teorizzato da Einstein in un articolo scritto in collaborazione con Nathan Rosen nel 1935, che esprime la possibilità che si formino dei “tunnel” di comunicazione tra due universi differenti). Per il bambino è come se un intero universo dalle dimensioni infinite fosse contenuto in quella pallina di dimensioni finite.

Questa idea della presenza di un mondo infinito in uno spazio finito è espressa anche da  M. C. Escherin più di una sua opera. 


















Giulio Carlo Argan si esprime così su Lucio Fontana:

“Un dipinto è sempre una superficie colorata; la sua forma ideale è il piano; una scultura è sempre un volume plastico, la sua forma ideale è la sfera.

Come scultore, Fontana distrugge la scultura: modella grandi sfere e le spacca. E’ un gesto: ma il gesto che spacca la sfera mette in comunicazione lo spazio esterno con l’interno.”



Un pensiero complice lo ritroviamo nelle sculture di Arnaldo Pomodoro... 


Arnaldo Pomodoro - opera

E come meglio concludere sulla “esplorazione” della sfera se non con la pittura surreale e misteriosa di  René Magritte: il mistero che, come lo stesso Magritte ha sottolineato, è uno strumento attraverso il quale distruggere le abitudini visive e la logica dei luoghi comuni!”

Le note plasmate da Natalia Jacquounain vibrano su corde esperienziali soprasensibili e sprigionano un eloquio che ci parla di moti ascensionali e trasversali, di evoluzione proficiente verso un divenire all'uno e altresì verso mete ignote. Esse fluttuano spinte da motti di passione e desiderio di procedere verso il domani,primantate dalle tinte rosso e azzurro, con cui l'artista contraddistingue i nuclei. 

Custodiscono anche un amabile e nostalgico passato, che voglio esprimere con i versi di Gerhard Kofler:

"Dalla Senna Ungaretti mi rinasce giovane e poeta

ma Celan mi rinnova il gesto dell'acqua nella fuga della morte

le porte aperte le porte chiuse 

nelle stanze del fiume

ascolto i ritmi

entra Proust dalla finestra 

di tutti i libri aperti vivo mi cerco"

Questo riserva la peculiare artista al contesto della collettiva genevose  "ΓΕΦΥΡΑ:TRA PASSATO E PRESENTE" :

una scelta e rilevante laiason plastica, che manifesta appieno il fine ultimo proposto da questa kermesse.

La mostra, infatti, aveva come scopo di elevare la bellezza intesa come "Kalokagathìa" , ossia ciò che avvince non solo per canoni estetici ma altresì per valori umani.

L'opera la contraddistingue come artista di indiscusso e sottile acume, oltre che di grandi capacità.



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